Progettare per la tavola design: 5 domande a Stefano Giovannoni

Pubblicato il Di in Approfondimenti, Interviste

 

Quando pensi alla tavola e al design vengono alla memoria degli oggetti che ormai dei veri cult .  Molti designer si sono espressi anche in questo contesto, ma tra le firme più rappresentative del felice connubio tra il design e il mondo della tavola c’è Stefano Giovannoni.  Ecco 5 domande e  5 risposte, per raccontare meglio il  mondo del progetto applicato a  quello del food.

Tra i Brand per cui è noto vi sono molti lavori per Alessi, in questi ma anche in altri lavori ci sono alcune componenti giocose ludiche colorate, ironiche una visione del design positivo, si può leggere in questo come suo un modo di intendere il design?

Io credo che il rapporto tra gli uomini e gli oggetti nel tempo sia stato sempre stato un rapporto drammatico perché gli oggetti erano quelli che ti dicevano a che ruolo sociale appartenevi, se eri ricco o povero e quale ruolo avevi culturalmente. Se eri colto o ignorante per cui gli oggetti di cui ti contorni sono l’ indice più esplicito della nostra personalità.

Ad un certo punto alla fine degli anni ’90 siamo stati proprio portati a by passare questo tipo di approccio con l’oggetto che doveva ostentare certe caratteristiche, che ci diceva se eravamo ricchi o poveri, a favore invece di un altro tipo di oggetti che volevano avere un altro tipo di  rapporto più diretto con noi. Quindi oggetti buoni con un’anima emozionale, che potevano interagire con la nostra personalità e oggetti che avessero un’identità più forte. L’ironia era proprio un modo di sdrammatizzare questo rapporto tra uomo e  oggetto che era sempre stato drammatico nel passato.

2. Il design è  sperimentazione, ogni epoca ha le sue caratteristiche che cosa la colpisce del design di oggi e cosa è cambiato nel bene ?

 

Senz’altro i best seller di oggi non sono più gli oggetti trasversali che vogliono coprire una ampia fascia di pubblico così è stato fino agli anni 2000, dopo diciamo che il mercato si è saturato e il pubblico è andato sempre più cercando degli oggetti speciali e emozionali. Per cui diciamo che è un pò finita la vecchia logica con cui il designer poteva pensare il best seller come un prodotto molto trasversale e per un’ampia fascia di pubblico dove il prezzo era determinante. Oggi invece è  interessante il contesto dell’oggetto che riesce a comunicare in modo molto forte immediato e deve avere una individualità. Io vedo per esempio  l’effetto che ha il Rabbit sulle persone. E’ un effetto che mi ha impressionato per come l’impatto sia  immediato, per cui dal pubblico al negoziante che lo deve comprare è una cosa veramente impressionante. Io  ho sempre cercato di studiare gli effetti che gli oggetti avevano a livello di comunicazione, diciamo che questo mi è scappato di mano.

 

 

Mi ha sorpreso per la facilità con cui si rapporta e la trasversalità. E’ un oggetto che piace a tutti dalle persone più semplici, a quelle più sofisticate. Per questo credo sia un oggetto rappresentativo di questo momento culturale e del pubblico dei giorni nostri.

 

3. Se dovesse scegliere uno tra i tanti progetti che ha disegnato in questi anni che più la rappresenta?

Scegliere il primo e l’ultimo, ciò il girotondo. Perchè è il primo progetto di industriale  che ho fatto,  un progetto credo che appare semplice e banale e che invece è di grande spessore. Credo su vassoio girotondo potrei scrivere un libro tanti sono i contenuti che ci sono in quel progetto,  per cui è importante. Perché ho capito il modo di contaminare il design con  la cultura popolare, ho capito come si poteva comunicare attraverso gli oggetti, come un oggetto poteva diventare veramente trasversale e piacere a una ragazzina di 15 anni come la sua mamma e alla sua nonna. E’ stato veramente un oggetto che ha battuto tutti i  record di vendite con oltre 10.000 di pezzi ed è ancora a distanza di 25 anni o più forse, sempre sulla cresta dell’onda. Questo la dice lunga sulla lungimiranza di quell’oggetto.

4. Quando si disegna un oggetto per la tavola,  da cosa si parte?

 

Si parte dall’idea, dal  concetto che deve essere qualcosa di costitutivo. Deve essere  legato al dna dell’oggetto per quello che quando un oggetto è concettualmente forte, puoi anche spiegarlo a parole. Ed è un oggetto che di solito non rimane solo, ma genera una famiglia di prodotti. Questo mi è successo con tutti i miei prodotti più forti non solo per il Girotondo, ma anche  per le Mami piuttosto che per il Bongo o i prodotti per il bagno alessi. I prodotti veramente forti, sono quelli che costituiscono intorno a se una famiglia

5. Si parte  pensando alla famiglia o arriva dopo?

Parti pensando al concetto, poi la famiglia nasce automaticamente dal concetto. Mentre un prodotto dove il concetto non è così’ forte, non può generare una famiglia.

E’ una questione di dna, perché  il concetto è proprio quello di riuscire a trasferire un messaggio, su altri oggetti e al tempo stesso trasferirlo al pubblico.