Questione Made in Italy un problema di tutti

Pubblicato il Di in Approfondimenti

Il design e l’arredamento sono sicuramente uno dei settori fiori all’occhiello della produzione Made in Italy, come ci viene spesso sottolineato dai media, quasi fosse una sorta di autoconvincimento. Certo che la possibilità di esportare i propri prodotti è una delle note positive in un periodo di crisi come questo.

Siamo noti e conosciuti nel mondo per il nostro stile, ma in molti campi anche quello dell’arredo come quello della moda, si paga il rischio della non autenticità. In un periodo di crisi invece il rispetto delle regole sarebbe importante e la cura del prodotto acquista un valore in più. Di questo problema si è occupata anche un’inchiesta del programma Report, dedicando alla questione una puntata. In particolare ha realizzato una indagine dedicandosi ad uno dei più grandi comparti dell’imbottito, quello di Forlì, dove ci si rende conto che già nel 2007 era evidente l’impronta della concorrenza sleale nel settore dell’imbottito per la presenza di lavoratori irregolari cinesi sfruttati dai connazionali, che producono ingenti quantità di divani e poltrone a prezzi fuori mercato. La situazione nel tempo finisce per trasformarsi in competizione sleale sfavorevole alle aziende locali artigiane che perdono la loro competitività di conseguenza anche le commesse con i clienti della grande distribuzione italiana ed estera.

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Ma se da un lato ci sono gli artigiani del comparto dell’imbottito che perdono il loro lavoro e chiudono, dall’altro questo fenomeno svantaggia anche il consumatore , che acquista un prodotto che di “Made in Italy” ha solo l’etichetta ma non riceve più la garanzia di qualità e rispetto dell’etica.

Gli unici ad avere vantaggio sono alcuni grandi marchi, ma fuori dal coro emerge la voce di Pasquale Natuzzi fondatore del Gruppo Natuzzi, leader nel settore del mobile imbottito che evidenzia come nel periodo di crisi sia importate il rispetto delle regole e denuncia la concorrenza sleale.

Contro quello che può essere definito “meid in Itali” e a favore del “made in Italy” che sia autentico, contro la finta pelle impropriamente definita “ecopelle”, contro i terzisti oscuri e a favore degli italiani che rispettano il lavoro le leggi e le persone.

 

Natuzzi continua a produrre i suoi divani e poltrone, all’interno delle sue fabbriche impegnando nella lavorazione ben 3.200 persone in Italia più quelli delle fabbriche all’estero.

 

I prodotti nascono da lavorazioni fatte da mani di artigiani qualificati anche se questo produce un costo elevato. Tutto ciò va a vantaggio della qualità, che non viene invece garantita quando la produzione viene affidata a terzisti scrollandosi di dosso ogni responsabilità di quello che succede in queste aziende dove può capitare non vengano rispettate le regole a tutela del consumatore e del contribuente che paga regolarmente le tasse.

 

La concorrenza sleale danneggia chi produce direttamente a costi d’impresa molto alti per mantenere inalterata la qualtà, le aziende oneste si vedono sottrarre volumi e quote di mercato che si traducono in riduzione dei posti di lavoro e cassa integrazione quando non si chiude, ancora una volta, sono i lavoratori onesti e i contribuenti a pagare. Chi non produce direttamente ma si avvale di filiere più snelle, applica prezzi più bassi perché offrono una qualità bassa, con materiali scadenti e si avvalgono di lavoro pagato in nero.

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