Arredativo Design Magazine

Design a raccolta: tra ricerca e creatività Arredativo incontra Beppe Finessi

Design ma non solo: arti visive, architettura, grafica, contaminazioni creative. In questo senso il percorso da Design Hero ci riconduce all’intervista fatta a Beppe Finessi ideatore e direttore di Inventario il progetto editoriale insignito nel maggio 2014 del Compasso d’Oro, nonché curatore di mostre tra cui la Casa Morbida. Lo abbiamo incontrato in occasione dell’inaugurazione di questa mostra a Museo Poldi Pezzoli di Milano nell’aprile 2014 .

 

Un’interessante conversazione per scoprire la mostra e capire il progetto Inventario un modo per vedere il design dal punto vista curatoriale. Design Hero scopre il design inteso come prodotto di ricerca, forma e materia.

 

Quando si fa una mostra sul tessuto, sulla casa e sul modo in cui questi incidono sulla casa (La Casa Morbida – Museo Poldi Pezzoli Aprile 2014) si parte da una ricerca sul tessuto, sulla tecnica di utilizzo ?

 

La parte storica è già presente al Poldi Pezzoli, perché il museo è una collezione di opere tessili uniche al mondo, perciò la parte storica è un aspetto che è già stato studiato dalla direttrice del museo e il suo staff che anno portato in luce alcuni pezzi storici. Noi ci siamo invece concentrati sul contemporaneo, cercando opere tessili, il lavoro di artisti e di designer che hanno a che fare anche con la tecnica e la tessitura ma in modo più esteso che si occupano dell’immagine, della funzione, delle forme che si possono produrre attraverso le varie tecniche di tessitura.

 

Inventario è un progetto cartaceo, cambia il modo di effettuare la ricerca o il metodo è simile?

 

Beh, noi abbiamo un approccio che è nostro e che speriamo ci contraddistingua. Questa modalità incrocia la storia con il futuro, i giovani con i maestri, i personaggi di riferimento di quel periodo storico preciso con autori meno noti nello stesso periodo. Questa è la nostra modalità e la pratichiamo su carta nei progetti espositivi e curatoriali che facciamo. Poi fare un libro o una rivista o una mostra è diverso, perché ci sono orizzonti diversi. Una mostra vuol dire misurarsi con le pre-esistenze con gli oggetti dell’arredamento, con la casa museo e con la collezione, con la storia.

Costruire un numero di Inventario invece, ha un presupposto diverso. Li ci si misura con altri limiti, vincoli, numeri di pagina, rilegatura, prevede le doppie pagine, che hanno gli stessi orizzonti che ha un museo ecc…

Lavorare su una sala ti costringe ad avere a che fare con quello che c’è nella sala, con la sua forma con le altezze, il pavimento, il suono del pavimento quando ci cammini sopra.

Avere a che fare con la doppia pagina cartacea è un po’ la stessa cosa. Lavorare con il limite di quel formato, di quella carta, quella dimensione. Lavorare con il fatto che quando giri una pagina in un istante appare quella sotto poi quella successiva, ti obbliga a lavorare sul ritmo e sulla sequenza delle immagini con cui costruisci il racconto.

 

Da quando avete iniziato a raccontare la creatività con Inventario avete visto un evoluzione un cambiamento ?

 

Il mondo va veloce, quando quattro anni fa abbiamo iniziato, le cose erano diverse, ma ci sono variazioni quotidiane. Sicuramente abbiamo notato che altre persone insieme a noi hanno sottolineato questa specificità della raccolta, del catalogo, dell’inventario, delle liste.

Provare a classificare e ordinare attraverso dei fili rossi speriamo originali, le cose intorno a noi ecco questo è forse il nostro modo di fare Inventario che ha trovato qualche nuovo amico.

 

Nella collezione La Casa Morbida, si va dal tappeto di Patricia Urquiola fatto con i Maestri artigiani sardi, al tappeto sonoro. La tecnologia tessile sta cambiando oppure tornare al passato fa riscoprire qualcosa di nuovo rispetto alla tecnologia?

 

La tecnologia cambia sempre, evolve, migliora. Anche in questa mostra c’è un tappeto di Marco Ferreri, ottenuto dalla filatura di polveri di vetro ma è previsto si possano fare anche tappeti di polvere di marmo, di vari tipi di pietre, di metalli. Per cui la tecnologia permette anche di arrivare a territori nuovi, anche nel territorio tessile, dopo di che c’è una grande tradizione come la tessitura sarda che pur lavorando con la tradizione nella storia, permette di immaginare e proporre modelli nuovi.

 

Arte e design, sono aspetti molto simili, si toccano e si allontanano come vi ponete di fronte a questo aspetto?

 

Il mio maestro Munari mi ha insegnato che questo è un confine con il quale bisogna saper giocare, non averne paura ma a volte tenerlo nella dovuta misura e considerazione non ci interessano gli steccati e le divisioni ci interessano anzi che le discipline tra di loro si possano ossigenare, scambiare dosi di coraggio, visioni che programmaticamente intrecciano arte e design.