Oltre il design e attraverso l’arte: ne parliamo con i CTRLZAK

Pubblicato il Di in Approfondimenti, Interviste

Si parla sempre più spesso di design e arte, intorno a questo tema ruotano molteplici aspetti che vogliamo raccontare, anche se ogni designer o artista, sviluppa in modo diverso in funzione del proprio “sentire”. Anche di questo abbiamo parlato  con i CTRLZAK, lo studio di design composto da Katia Meneghini e Thanos  Zakopoulos .

Parlando dei loro progetti ci siamo fatti raccontare la storia della collezione Hybryd nata inizialmente come collezione di piatti composta da 24 pezzi unici poi successivamente diventata un grande successo prodotto da Seletti.

 

Come succede che un pezzo d’arte diventa oggetto di design per una azienda?

“La collezione era composta da pezzi unici, alla gente  piacevano e voleva acquistarli, quindi abbiamo detto perché non portare l’arte nella vita di tutti i giorni? Così abbiamo provato ad adattare quello che sono queste opere alla produzione. Siamo riusciti a fare solo piccole modifiche ed  è questo quello che ci interessa fare, anche con le aziende con cui collaboriamo ovvero che il messaggio non cambi” ci racconta Katia.

Aggiunge Thanos “Se il lavoro rimane una galleria saranno solo  quelli che accederanno a vederli, se invece arriva alle case di tutti saranno più persone a chiedersi perchè hanno messo insieme due pezzi.

Dal punto di vista tecnico ci spiegano:  “Tecnicamente la cosa che è cambiata rispetto alla produzione artistica è la linea divisoria che è rappresentata in maniera grafica e per realizzarli abbiamo ridisegnato tutte le forme .”

Che rapporto avete con le gallerie d’arte e di design?

 

Ci risponde Thanos “Abbiamo sempre  avuto più un rapporto con le gallerie d’arte, solo gli ultimi anni  il design contemporaneo è entrato in galleria, anche se ci sono le gallerie storiche come la CREO’ di Parigi che da anni vendono pezzi di modernariato. Purtroppo le gallerie talvolta si limitano a presentazioni estetiche formali, a noi interessa di più riuscire lavorare facendo cose  portano il nostro pubblico a pensare. “

“Per questo ci è capitato più collaborazioni con gallerie nel mondo dell’arte, ma ultimamente abbiamo anche poco tempo per sviluppare tutti questi progetti che vorremmo” prosegue Katia.
Facendo poi riferimento alla loro collaborazione come art director con JCP e all’allestimento progettato nel giugno 2016 a Firenze per Luisa Via Roma ci raccontano:

“Quello che vorremmo fare è mettere i nostri concetti dentro i  progetti che ci piacciono,  così creiamo situazioni e contesti che ci interessano . Come  abbiamo fatto con JCP al Fuorisalone 2016 o con l’installazione WATERNESS per LuisaViaRoma in occasione di Design on the Water.  Per noi questi sono dei compromessi per mettere insieme due mondi, perchè ovvio, sei in un contesto di un certo tipo. Quando siamo in un contesto più artistico, magari riusciamo anche ad andare oltre, che non vuol dire che uno è bene o uno male, solo che sono contesti diversi, dove però  riusciamo comunque a  coniugare le cose seguendo gli obiettivi del nostro progetti.” conclude Thanos.

Parlando poi del loro approccio alla progettazione dice Katia:

“Ci sono tante forme in queste situazione che si creano o che creiamo e questo viene dal nostro background. Per noi è più ’ il processo che conduce al risultato più che essere il pezzo disegnato a livello ingegneristico . Se questo è nell’iter del concept ok, avrà senso, altrimenti no.”  Aggiunge Thanos “La nostra  metodologIa segue il concetto Form follows meaning, che nel nostro caso introduce  l’elemento del simbolismo, del significato”

 

Parlando di progetti multidisciplinari, voi siete art director e designer di  JCP, in quel caso come è nata la collaborazione e come si è sviluppata?

In questo caso abbiamo avuto un imprenditore visionario che è venuto da noi perchè gli piacevano dei nostri pezzi. Aveva delle idee visionarie  e così abbiamo cominciato a mettere sul tavolo le sue visioni insieme a quello  che potevamo portare. Così ci siamo conquistati carta bianca ed è nata la fiducia reciproca. Poi in questo universo, siamo riusciti a coinvolgere nella progettazione  anche Alessandro Zambelli e Emanuele Maggini. Lo abbiamo chiamato Universo JCP  perchè volevamo fosse una realtà altra che si staccasse da ciò che è conosciuto  come progetto. Volevamo andare oltre al design e lo abbiamo fatto collaborando con personalità diverse: dai video teaser, all’organizzazione di workshop con  Poka-Yio,  alla collaborazione con uno scrittore.  Tante realtà e professionalità diverse unite a creare qualcosa che alla fine è JCP,  un universo in espansione che si è mosso dentro gli schemi del design ma in realtà potrebbe espandersi in altre discipline

Pensate che oggi sia possibile parlare di un confine tra  arte e design  ?

Ci risponde Thanos: “Si possono ancora usare e sono discipline di estrema specializzazione in una fase dove la specializzazione non può portare oltre ,se non rivista in un insieme più grande, se non collaborando con altre discipline che riescono ad aiutarle esprimersi al meglio.

Io ho in mente cosmologia e astrofisica che sono alla base della nostra ricerca anche per JCP,  ma detto questo, sia arte che design sono affini come realtà.

Così come possono essere realtà  a parte  le azienda che fanno oggetti domestici  senza pretese, se non quella di vedere i pezzi . Ovvio che nell’intento c’è poco concetto è più a livello formale, commerciale, ma non vuol dire che una simile azienda non possa avere un concetto diverso, che permetta comunque di vendere anzi.  Con JCP  è proprio questo che abbiamo cercato, di  fare , di dare basi per  un’azienda a metà culturale a metà commerciale, dove una metà nutre l’altra, per questo lo abbiamo lanciato con uno spettacolo teatrale, un libro catalogo … Perchè sia a livello reale che concettuale e comunicativo ci  interessa portare  avanti il livello di  riflessione.”

 

 

Secondo voi ci sono  imprenditori coraggiosi mancano?

“Si, però  si deve considerare anche che ci vuole tempo perchè un prodotto acquisisca valore a livello commerciale” ci dice Thanos

Da designer ogni anno voi come vivete l’appuntamento del Salone?

Ci risponde Katia, “In realtà è un momento importante perché arrivano tutti, perché ognuno di noi  è impegnato su più fronti. Per il progettista è momento caotico, succede tanto, c’è tanto  potenziale che però poi in realtà si sfrutta poco. Sono più forti altre comunicazioni perchè ormai non c’è più sorpresa è comunque un punto incontro un’occasione per vedere cose e far vedere i tuoi lavori. Resta che il Salone è comunque un punto fermo, quindi collaborando con aziende è il momento in cui devi fare i conti ed è importante a livelli diversi.

Serve a darti una dead line, come punto di arrivo e un nuovo inizio ed è una scusa che ci sta.”