Design è conoscenza: 4 domande a Francesca Lanzavecchia

Pubblicato il Di in Interviste

Ciò che muove la creatività dei designer è la curiosità. Termine che ritorna spesso nelle parole dei protagonisti del design contemporaneo incontrati in questi anni. La curiosità, prima ancora della ricerca stessa sembra essere il motore per muoversi in questo mestiere dove il “saper fare” viaggia di pari passo con  il “saper osservare”.

Questo sentire lo abbiamo ritrovato anche nelle parole di Francesca Lanzavecchia, designer dello studio Lanzavecchia-Wai che abbiamo incontrato lo scorso aprile al Salone del Mobile di Milano, dove il duo di designer ha presentato diversi progetti (Flabello per  Gallotti & Radice, Polyhedra per Nodus, Softnest la casetta per uccelli, e Veriscopio).

 

L’abbiamo incontrata allo stand De Castelli, poichè era  tra le protagoniste femminili del progetto Trace Identity. Per l’azienda la designer ha progettato Scribble, una collezione di tavoli che lei stessa ci ha raccontato:

“Nel progetto Trace Identity, De Castelli ha chiamato 7 designer donne a interpretare il metallo. L’idea era quella di vedere quanta morbidezza e femminilità riuscissimo a infondere a questo materiale, che è difficile da lavorare,  freddo e duro.

 

La mia idea è stata quella di partire dal vocabolario base dei metalli nelle loro declinazioni. Mi sono innamorata subito delle lavorazioni di De Castelli, di come il rame possa prendere colori che vanno dal viola al verde, così come del ferro possa sembrare in alcuni casi un cielo di nuvole. Quindi l’idea è stata quella di partire a livello formale dagli elementi più semplici, dalla punteggiatura. Il risultato  sono dei tavolini che ricordano delle pennellate, che possono danzare insieme in un a casa, perché si possono essere create infinite configurazioni accostando i diversi materiali.

Infatti, ogni tavolino è di un materiale diverso: 3 tavoli sono in ottone,. due in ferro e uno di rame.”

Questo progetto mette in luce il design femminile e in questi anni sembra che stiamo assistendo ad una nuova primavera del Design femminile, che cosa pensi di questo?

Donne designer in realtà ci sono sempre state, e se si guarda la presenza femminile all’interno delle università italiane, si nota che sicuramente sono  più le ragazze che i ragazzi a scegliere la carriera del design. Spesso però scelgono la carriera nei grandi studi e non sono così in prima linea . E’ difficile parlare di questo senza cadere e scadere in altri ambiti.

Io penso che non bisogna tanto sottolineare il fatto che “finalmente donne sono sotto i riflettori”, ma anzi celebrare questo modo di essere tutti insieme in questo mondo. Poi io forse sono la persona sbagliata per questo, perchè  ho uno studio a metà tra Italia e Singapore con un uomo, per cui è  poi noi crediamo nella pluralità di genere e di design.

 

 

 

A proposito del vostro studio,  la  questo essere di due mondi diversi incide nei vostri lavori?

Assolutamente, la nostra volontà di progettare a cavallo di due mondi così diversi e la volontà tenere i nostri occhi aperti e rimanere curiosi continuare a viaggiare e capire cosa culturalmente le cose significhi qui o là  o dove ci portano i progetti.

Quando lavorate con i brand in che modo vi  rapportate con il progetto?

Noi creiamo sempre rapporti di amicizia, quindi i progetti li dobbiamo sentire a livello di “pancia”, cerchiamo di conoscere più possibile il contesto in cui andiamo a lavorare.

Anche di conoscere le persone che lavorano all’interno della fabbrica, di conoscere i proprietari, di conoscere l’utente finale . Quindi, quando si ha un quadro completo poi si può avanzare con il progetto.