Diego Marcon: La miserabile

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Patetica è per me la condizione umana e il suo perseverare nel trascinare se stessa come proprio fardello. È per questo che i miei personaggi sono esausti. (Diego Marcon)

La Triennale di Milano presenta dal 20 luglio al 26 agosto 2018 la prima mostra personale in un’istituzione dell’artista Diego Marcon (n. 1985, Busto Arsizio), a cura di Edoardo Bonaspetti.
C’è qualcosa di profondamente doloroso e allo stesso tempo comico nel lavoro di Diego Marcon. Vivere è miserabile e non risparmia nessuno. Forse è questa la ragione per cui, l’artista decide di trasformare lo spazio dell’Impluvium della Triennale di Milano in una camera silenziosa e perturbante.
La miserabile è una condizione esistenziale, uno stato d’animo e una scena che prende forma a partire da un nucleo figurativo centrale: un capezzale su cui riposa, malata, una figura femminile. Attorno, decine di personaggi vegliano il
suo corpo, affaccendati in piccole ed enigmatiche azioni. L’immagine della fanciulla moribonda, topos della rappresentazione sentimentalista, è definita attraverso i caratteri dell’illustrazione infantile e del cartone animato, in
un’atmosfera opaca e di torpore da cui si sviluppano altre rappresentazioni.

Diego Marcon, Monelle, 2018 35mm film, CGI animation, color, sound, loop Produced by In Between Art Film Courtesy the artist and Ermes-Ermes, Vienna Film frame

Diego Marcon, Monelle, 2018
35mm film, CGI animation, color, sound, loop
Produced by In Between Art Film
Courtesy the artist and Ermes-Ermes, Vienna
Film frame

L’ambiente è essenziale, accentua la carica emotiva del lavoro e circoscrive uno spazio di nevrosi e febbrile chiusura in sé, in cui i personaggi che popolano il mondo di Marcon – i miserabili, appunto – sono ineluttabilmente e indefinitamente prigionieri. Isolate e nella penombra, quasi Marcon le volesse tenere al riparo da sguardi inopportuni, le figure si offrono allo spettatore in uno luogo di contemplazione, invitandolo a indugiare sulle diverse azioni arrestate in una posa. L’artista, in questa occasione, supera i formati dell’immagine in movimento a cui si è dedicato nei suoi più recenti progetti, per operare una sperimentazione sulla potenza evocativa di ciò che non è immediatamente visibile, di quanto appare ambivalente, probabilmente patetico, ai limiti dell’immagine e dell’esistenza.