Sperimentare nel design: Arredativo incontra Alessandro Zambelli

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Alessandro Zambelli è  tra i designer italiani che in questi anni hanno fatto della ricerca un punto di forza del proprio percorso progettuale. Un esempio è la recente collezione Macrocosmos – composta da 8 coloratissimi e ironici vasi-contenitori-creata mediante l’utilizzo di una stampante 3D con tecnologia FDM, e impreziosita da dettagli in ergal colorato e ottone.

L’ approccio sperimentale ha caratterizzato anche i progetti più recenti di Alessandro, che spaziano dal settore illuminotecnico fino alla ricerca di materiali di nuova generazione, ideati per migliorare il benessere dell’uomo e dell’ambiente, come lo speciale filtro metallico per la purificazione dei fluidi che il designer ha recentemente brevettato. Il filtro è diventato poi parte integrante di Teleta, la linea di illuminazione sviluppata per Caimi Brevetti epresentata in occasione dell’ultima edizione del Salone del Mobile di Milano.

I progetti di ricerca di Alessandro Zambelli, nascono anche da esigenze specifiche e dirette. Come nel caso del sistema illuminotecnico  sviluppato in conseguenza del restauro della sua residenza /studio all’interno di un complesso rinascimentale, dove era necessario sviluppare una soluzione in linea con lo spirito conservativo dell’intervento, che permettesse di evitare qualsiasi azione invasiva nei confronti delle superfici esistenti e si integrasse  nel contesto.

Nasce così  il progetto Genuit, un brand di cui Zambelli è art director e che ha come mission quella di creare impianti ad hoc  per la salvaguardia di contesti architettonici da preservare, integrando sistemi per l’energia, l’illuminazione, la domotica e l’audio.

In questi anni, nella carriera di Zambelli, che vanta collaborazioni importanti con brand di design come Seletti e Adele-C, non sono mancate incursioni nel campo dell’arte.

E’ ad esempio il caso di Motusorbitas, il progetto che il designer ha presentato in anteprima durante la Milano Design Week alla galleria Giovanni Bonelli nel quartiere di Isola. E’ proprio in quell’occasione che lo abbiamo incontrato e ci ha raccontato un pò di più il suo fare design…

Alessandro_Zambelli_ph_credit Roberta Vagliani

Come è nata la collaborazione con la galleria Giovanni Bonelli?

E’ nata da un incontro con Giovanni Bonelli che conosco da diversi anni, aveva la curiosità e la voglia di affiancare all’arte progetti di design, così è nata la nostra collaborazione. Un progetto legato al mondo del design e al tempo stesso in grado di intercettare anche il mondo dell’arte, un settore che mi attrae particolarmente e del quale sono appassionato. Sono nate così le sculture mobili di Motusorbitas, pezzi unici realizzati nel nostro laboratorio, mediante il supporto tecnologico di Applelec, azienda inglesespecializzata in pannelli OLED. Il punto cardine del progetto è la connessione tra le nostre origini, il presente e il futuro. Siamo andati a ricercare una simbologia che connettesse le varie civiltà. La curiosità che da sempre lega la vita su questo pianeta verso l’immenso e il cosmo, ha generato a livello iconografico un filo conduttore arrivato fino ai giorni nostri, senza distinzioni temporali, di etnie o culture.  Il cielo è sempre stato un punto di riferimento e sempre lo sarà… Ancora oggi non abbiamo completa certezza di ciò che c’è nell’universo, perciò questo progetto vuole essere un semplice messaggio, una dichiarazione di esistenza e di continuità


Tu hai fatto anche altri progetti a cavallo tra arte design . Quale è per te il limite tra le due discipline?

Per me il design è inscindibilmente legato alla funzione. Nel caso di Motusorbitas si tratta di un progetto artistico composto da lampade scultoree, che attraverso i pannelli oled illuminano di luce diffusa tutta la stanza: qui sta il gioco che tiene insieme arte e design. L’arte, in generale, è concettuale, emozionale, e non ha necessariamente una funzione specifica, mentre l’oggetto nel design deve soddisfare un’esigenza.

Quanto ricerca c’è nei tuoi progetti ?


Parecchia, per Motusorbitas abbiamo realizzato internamente le pari meccaniche, strutturali e studiato il giunto che permettesse il movimento e l’elettrificazione degli Oled in contemporanea. In commercio non esistono elementi che ti permettono di elettrificare una struttura mobile, di questo genere. E’ stato possibile grazie all’integrazione di piccoli dispositivi robotici.

Negli anni passati ha lavorato molto anche con la  stampa 3d per i tuoi progetti è passato un pò di tempo, come pensi si sia evoluta?e una tecnologia superata?

E’ in continua evoluzione, non è superata, è un linguaggio. Lo scorso anno ho inserito in studio una stampante 3D per sperimentare e per imparare un nuovo linguaggio appunto. Tutte le macchine a controllo numerico ormai usano lo stesso metodo di gestione, mi incuriosiva capirne le dinamiche e mettermi alla prova.  Nel progetto  Motusorbitas si è rivelata molto utile per realizzare gli ingranaggi dei motori, alcuni supporti delle lampade e altri piccoli dettagli strutturali; ne abbiamo sfruttato tutte le sue potenzialità .La stampa 3D è uno strumento che permette di soddisfare esigenze precise, in piccola quantità e sopratutto nell’immediato. Hai una percezione diretta di ciò che stai progettando, per me avere oggi in studio una stampante 3D è fondamentale

Nella tua carriera c’è stato un progetto  che consideri il tuo punto di svolta?

Non credo, riesco e voglio appassionarmi ogni volta a qualcosa di nuovo. Ora stiamo lavorando ad un progetto più tecnico che abbina impiantistica e illuminazione. Al Salone invece ho presentato una nuova lampada per Caimi, sviluppata su di un nuovo materiale che ho brevettato e al quale ho dedicato quadro anni di ricerca. Adoro spaziare, per questo motivo forse ho scelto di fare il designer, è un lavoro che non ha limiti.

C’è un prodotto di design che prossimamente farai?

Spero tanti, ma una cosa che vorrei approfondire è l’imbottito. Mi piacerebbe lavorare per dare una mia chiave di lettura. Sono oggetti interessanti da progettare: devi conciliare ergonomia, innovazione, estetica e tecnologia, cercando di bilanciarle il più possibile. Qualche anno fa in realtà per JCP ho creato un imbottito in linea con lo stile del brand, sviluppando il tema dell’immaterialità. Strano per un divano, no? Forse per questo mi sono divertito progettandolo e mi è rimasto questo appetito.