Equilibrio, forma, eleganza: Arredativo incontra Chiara Andreatti

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Abbiamo scelto le parole equilibrio, forma, eleganza per descrivere lo stile che contraddistingue i progetti firmati da Chiara Andreatti . Dietro ai progetti della designer  c’è un’attenta e lunga fase di ricerca che coinvolge sia le forme che i materiali.

Tra le sue collaborazioni più recenti c’è  quella con il brand Potocco, azienda friulana  per la quale Andreatti ha disegnato il divano Elodie, la collezione Ropu, la serie di mobili contenitore Sen e la serie di consolle Woody. Qualche tempo fa abbiamo avuto il piacere di incontrarla e ci ha raccontato come è iniziata questa collaborazione.

“Sono stata chiamata dal direttore artistico dall’agenzia R+W  che segue l’immagine dell’azienda. Dopo aver ricevuto il brief , ho presentato delle proposte. I primi pezzi disegnati sono stati i tavoli Ropu.  Si tratta di una collezione sia outdoor che indoor , proposta sia nella versione con piano in marmo o in vetro oppure con top in Laminam, adatto anche per  uso esterno. “



Altro progetto disegnato da Andreatti per Potocco è il divano Elodie, anche in questo caso come per Ropu, è prevista sia la versione indoor che outdoor. “L’obiettivo del progetto era  quello di dare leggerezza, volevo creare una sorta di  piattaforma imbottita ma allo stesso tempo leggera, sollevata da terra di qualche centimetro.”

Tra le  proposte  indoor firmate per  Potocco ci sono poi anche  Wood Y Collection  e le madie Sen.

“Per le madie Sen, mi sono ispirata  alle finestre scorrevoli giapponesi in carta di riso. Per  realizzare questo progetto è stato fatto un attento studio di incastri. E’ stato un lavoro da ebanista molto impegnativo.” ci racconta.
“Infine ho disegnato  questa collezione di shelf e desk : Wood Y Collection  caratteristica per la finitura  realizzata con una vernice compatta velvet nera, che  dà la sensazione di una texture vellutata”.  Particolare in  Wood Y Collection  è anche  il dettaglio in bronzo che riveste la  gamba della consolle quasi come fosse un calzino.


Le chiediamo cosa significa intervenire in una azienda che ha una sua storia?

“Significa  adattarsi e saperla interpretare.Come interpretazione a “livello di disegno” sono andata d’istinto, poi  nella scelta dei materiali e delle finiture ho seguito  le indicazioni e le esigenze dell’azienda. “

In questi anni Chiara Andreatti  oltre ad occuparsi di product design è stata anche art director di brand  come i Bottega Nove, Texturae, Karpeta.

Come cambia per te il ruolo tra essere designer e essere art director?

“E’ stata un’ occasione  nella quale ho imparato tantissimo. E’  un’esperienza piacevole, perchè fare art direction significa avere l’idea di una immagine di  un’estetica che metti a disposizione del brand. Nel caso di aziende che hanno già un’identità, devi seguire le fila e negli anni portarle a qualcosa in più. Nel caso di aziende medio piccole, come quelle che sto seguendo, hai carta bianca  ed è molto divertente  prendere piccole realtà e vederle crescere. Devi  lavori su tutto: sul sito, sul catalogo, sullo shooting devi  proprio creare una storia, una visione del brand.”

Quanto è importante per un designer la settimana del Salone del Mobile di Milano?

“Tanto, perché non si tratta soltanto di  consegnare o aprire lo stand, devi essere presente sul campo.  Inoltre quella settimana è importante anche per poter raccogliere informazioni e  fare ricerca. “

Tra le altre collaborazioni di Chiara Andreatti c’è quella con  Fendi, per la quale nel 2017 in occasione di Design Miami ha firmato il progetto  Welcome!.

Le chiediamo negli ultimi tempi sembra che la Moda stia guardando al design in modo nuovo, come è stata questa esperienza?

“Ho collaborato con Cristina Venturini Fendi  che ha grande passione per il design e arte e  da 10 anni si impegna con artisti a rappresentare Fendi a Design Miami ed è stato un connubio molto divertente. Mi sono data il  brief di applicare i dettagli della moda sull’oggetto in un modo molto raffinato,  cercando di trovare il modo giusto per esprimere  me stessa. C’erano molti temi in questo progetto: l’uso di materiali naturali, la manodopera artigianale, i viaggi. Ho fatto uno studio sui materiali naturali che sono stati uniti a dettagli, come gli ottoni lucidi o  il velluto del divano con il  motivo Pequin. Per fare questo mi  sono basata sull’archivio storico dell’azienda, applicandolo sul pezzo d’arredo con uno stile classico e pulito. “

C’è un settore inesplorato del design con cui vorresti lavorare?

“Direi  la plastica, il settore delle sedie in plastica in particolare per il quale non ho  mai lavorato e che richiede competenze tecniche di alto livello. Ma mi piacerebbe lavorare  anche con i tessuti e le luci. Quest’ultimo è un tema molto ampio e tecnico.”

Se ripensi a te uscita dall’università, era così che immaginavi il mestiere del designer?

“Non ci pensavo, io faccio tutto giorno per giorno. Sono stata in studio da Lissoni per 11 anni,  fino all’aprile del 2017, e mi dividevo tra lo studio e i miei lavori. Lavorando in studio è tutto  più meccanico, ma di contro puoi lavorare con aziende di alto livello ed esci con una professionalità elevata. Quando lavori da solo quello che esce nei  progetti sei tu ed hai molta più libertà.  “