Arredativo Design Magazine

Il design è complicità: Arredativo incontra Palomba Serafini Associati.

Talenti, brand dedicato all’arredamento outdoor lancia per il 2020 la nuova collezione Scacco firmata da ps+a Palomba Serafini Associati.

Nel 2019 dalla collaborazione tra Talenti e la coppia di designer, era nata Cliff, elegante collezione per esterni:

 “Una collezione dalle linee semplici con una grande attenzione al dettaglio, alla decorazione e al tessile” così la descrivevano i designer. “Un sistema che genera composizioni modulari, caratterizzate da sedute e da schienali di varie altezze a creare vere e proprie alcove per il cocooning. Un progetto dove discontinuità e contaminazione danno vita ad un’estetica inaspettata, anche in outdoor”

Era stata presentata in occasione del Salone del Mobile e proprio in quella occasione Arredativo.it li aveva incontrati al terzo piano di House of Solferino.
Qui era stato realizzato un allestimento inedito e multisensoriale prodotto in collaborazione con Rubelli. Cinque stanze cinque ambientazioni in cui le collezioni Talenti erano protagoniste: come Panama, Cruise e le lampade outdoor Tribal .

Come è nata Cliff la nuova collezione disegnata per Talenti?

E’ nata un po’ per gioco, poi è diventata una cosa seria e molto bella. Ci è piaciuto perché abbiamo potuto disegnare per esterni, quello facciamo anche per l’indoor. Non si tratta di un singolo pezzo, ma di una collezione completa che pian piano si e sviluppata ed estesa.

In questi anni abbiamo incontrato molte coppie di designer ed è sempre interessante capire come avviene la fase di progettazione in un duo. Per voi com’è progettare in coppia? E’ una cosa personale?

In un certo senso se la coppia è come una persona è una “cosa personale”. In ogni caso c’è una visione comune. Certo, a volte può esserci una differenza di vedute sui dettagli, ma quando la visione globale è condivisa, il progetto funziona.

Succede a volte di dover seguire individualmente dei progetti dello studio. Ma ci conosciamo bene ed è bello scoprire nelle cose che facciamo e che proponiamo uno all’altro da dove vengono quei dettagli.

Come certi particolari, che diventano importanti in un progetto sono cose viste in passato, come la trama del separé della collezione Cliff: un dettaglio personale che crea complicità.

Siete anche architetti quindi cambiando scala progettuale si modifica anche il vostro approccio al progetto?

La qualità è la stessa e la visione dedicata al progetto che si fa la dedizione. Come diceva un famoso architetto “dal cucchiaio alla città”. Ma la complessità è il frutto di una criticità che viene risolta con la semplicità.

Quindi progettare un cucchiaio può essere complesso tanto quanto progettare una città. La dimensione della scala non è dimensione della qualità, che è un valore assoluto.

Progettando un prodotto immaginate già il contesto in cui potrebbe essere inserito?

Essendo architetti, non può esistere un oggetto fuori dal un contesto. Anzi, a volte ci rendiamo conto che mancano dei prodotti. Ad esempio, quando abbiamo disegnato il primo lavandino free standing, alcuni anni fa con un’azienda di ceramica, stavamo progettando un bagno di specchi e non volevo bucare le pareti. Mi sono resa conto che avevo bisogno di un prodotti che si integrasse con questo lavandino free standing. L’architettura e le necessità sui progetti architettonici che seguiamo sono grandi fonti di ispirazione per noi.

Tra i vostri progetti ci sono anche progetti di lampade. Progettare con la luce è molto più complesso?

Abbiamo la possibilità di lavorare con grandi aziende come Artemide e Foscarini. Per noi progettare è una passione, una scelta di vita, una missione, una responsabilità ed una grande gioia. Ma non esiste una cosa più difficile dell’altra.

Progettare è una visione, vedi lo spazio così come la città perché anche l’urbanistica è progettazione e ti viene sempre in mente quello che vorresti creare. Ma non sempre trovi l’azienda pronta a investire su quella tua priorità. È come la società vede quella cosa, la usa e tu la semplifichi nel progetto, non è il materiale che sia luce, metallo o legno. Nel progetto, noi cerchiamo di essere il più possibile fedeli al fine di risolvere le funzioni che ci chiedono.

2017_ “The Birdie Garden” installazione di Palomba Serafini
al Foscarini Spazio Brera

Abbiamo accennato all’urbanistica, in questo campo come ci stiamo muovendo, si progetta ancora per la città?

Le archi star hanno spostato l’attenzione dall’urbanistica all’edificio però è successo anche che gli edifici simbolo hanno riqualificato le aree. Così questi edifici  sono diventati dei centri che hanno generato un’onda che investe chi sta ricostruendo.  Credo che dobbiamo pensare l’urbanistica come una materia meno scientifica e più vicina alla struttura dell’essere umano.

Parliamo di Social Network . Sono diventati un mezzo fondamentale per comunicare anche il lavoro del designer, voi che rapporto avete?

Ben vengano i social, portano una comunicazione “be to see” anziché legata a “btob” legata ai gruppi di potere, ad aziende e influencer. Così le persone tornano proprietarie di un opinione, potendo dire ciò che gli piace o meno. Abbiamo un ottimo rapporto con i social, perché ci collegano direttamente alle persone interessate a quello che facciamo. Più complesso è il rapporto con i media, che filtrano e tendono a dare una lettura complessa di quello che per noi è semplicemente quello che vedi.

Twin di Palomba Serafini
per Flaminia

Nella vostra carriera c’è un progetto che è stato la chiave di volta?

Nostra figlia. Prima avevamo un approccio con il progetto più “egoistico” ma dal momento che è arrivata lei ci siamo resi conto di tanti elementi: l’ambiente, la responsabilità verso le persone a cui lasciare cose,  il perché facciamo le cose e il perché non farle. Lei è stata un momento di riflessione che ci ha reso meno egoistici ed egocentrici alle stesso tempo ci ha alleggeriti e resi più solidi.

Credit photo: Enrico Costantini