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YAEL BARTANA. CAST OFF

Fino al 13 aprile 2020 nella Sala Grande e nelle Sale Superiori di Palazzo Santa Margherita, Fondazione Modena Arti Visive presenta la personale dell’artista israeliana Yael Bartana (Kfar Yehezkel, 1970), che attualmente vive e lavora tra Amsterdam e Berlino.

L’esposizione, curata da Chiara Dall’Olio, presenta cinque installazioni video e una serie fotografica, che affrontano diverse declinazioni dei concetti di “identità”, “rito”, “stato-nazione”, e la strumentalizzazione di questi termini nella scena politica di oggi.

Mentre l’Italia e l’Europa stanno affrontando tensioni nazionaliste e nuove spinte separatiste, l’artista intende attirare l’attenzione sull’esistenza di meccanismi sociali e politici predominanti, incoraggiando il pubblico a interrogarsi sulla propria posizione rispetto a questi sistemi.

“Partendo dallo stile documentarista dei suoi primi lavori – afferma Chiara Dall’Olio – Yael Bartana è poi passata nella seconda metà degli anni Duemila a creare azioni, rituali collettivi, storie, che pur essendo verosimili, sono in realtà finzioni filmiche, allargando al contempo lo sguardo al mondo europeo, in cui oggi vive”.

“L’ambiguità presente in queste video installazioni – prosegue la curatrice – è quella del confine fra realtà e finzione, ma è anche la mescolanza fra uno stile documentario e una modalità di ripresa tratta dai film della propaganda sionista degli anni Venti e Trenta, con momenti che possono risultare quasi ironici, fino alle ultime opere che portano all’estremo un’estetica raffinata e minimalista, ma al contempo densa di stratificazioni di significati e simbologie”.

Il percorso espositivo che si diffonde su due piani di Palazzo Santa Margherita, si apre con il video in bianco e nero The Recorder Player from Sheikh Jarrah, girato nel 2010 in occasione di una protesta pacifica, in cui si vede una manifestante mentre suona un flauto dolce davanti a una fila compatta di militari israeliani, schierati di fronte a un gruppo che contesta l’espulsione dei residenti musulmani dai dintorni di Gerusalemme a opera dei coloni ebrei.

Nella stessa sala è installato il video del 2017 Tashlikh (Cast Off), che mette in scena in slow motion una carrellata performativa e simbolica di oggetti su sfondo nero. Gli oggetti provenienti da diversi contesti e storie appartengono sia ai carnefici che alle vittime di persecuzioni etniche, genocidi e guerre. Il titolo Tashlikh – che letteralmente significa gettar via – fa riferimento a un’antica pratica dell’Ebraismo, durante la quale i peccati dell’anno precedente sono simbolicamente rappresentati da un oggetto, che viene gettato nell’acqua corrente. In quest’opera, Bartana dilata questo rito secolare e crea un flusso di oggetti personali, abiti, fotografie, sciarpe.

La mostra continua nelle sale superiori di Palazzo Santa Margherita, in cui è installata la doppia proiezione di Summer Camp / Avodah. In questo lavoro del 2007, l’artista riprende l’estetica del film Avodah, diretto nel 1935 da Helmar Lerski che esortava gli ebrei a tornare in Patria dove edificare un’ideale nazione sionista. Bartana ne ribalta la prospettiva e presenta un’opera nella quale racconta la ricostruzione di una casa palestinese – distrutta dalle autorità Israeliane – da parte degli attivisti del Comitato Israeliano Contro la Demolizione delle Case..

Sempre nelle sale superiori è proiettato True Finn del 2014, un’opera incentrata su otto residenti finlandesi di etnie, religioni e provenienze differenti, che s’interrogano sul significato dell’essere finlandesi. In quest’opera Bartana si confronta con i meccanismi coinvolti nella costruzione di un’identità nazionale in un contesto completamente differente da quello delle sue origini. Il video è installato all’interno di un ambiente che riproduce il salotto della casa di campagna finlandese, in cui gli otto partecipanti al progetto conducono le loro discussioni.

Il video A Declaration del 2006 – presente nella collezione della Fondazione Cassa di Risparmio di Modena – è il primo in cui l’azione ripresa non appartiene alla realtà, ma è una finzione cinematografica creata dall’artista. Il lavoro documenta una messa in scena, la sostituzione della bandiera israeliana – presente su uno scoglio della baia di Jaffa – con un albero di ulivo. L’ulivo è un simbolo di pace e allo stesso tempo un emblema nazionale sia della Palestina che di Israele, ma questa azione è anche provocatoria perché si ricollega anche all’ideale sionista del lavorare la terra.

Come racconta la stessa Bartana “l’opera nasce dal mio bisogno di agire, di cambiare la realtà, combinando la sperimentazione del linguaggio cinematografico dei primi film della propaganda sionista”.

L’ultima stanza ospita la serie fotografica The Missing Negatives of the Sonnenfeld Collection (After Herbert and Leni Sonnenfeld) basata su una selezione di immagini tratte dall’immenso archivio dei due fotogiornalisti Leni e Herbert Sonnenfeld che hanno documentato la Palestina / la Terra di Israele fra il 1933 e il 1948. Bartana ha ricreato varie scene della serie originale, utilizzando giovani arabi ed ebrei arabi come modelli per rimpiazzare i personaggi sionisti reali nei loro ruoli di contadini, lavoratori e soldati.

“Con Cast Off di Yael Bartana” – conclude Daniele Pittèri,  direttore generale di Fondazione Modena Arti Visive  –  “apriamo un ciclo di mostre personali che proseguirà in inverno con Kenro e in primavera con Geumhyung Jeong, che ha per protagonisti importanti artisti contemporanei che, pur espressivamente e tematicamente molto differenti fra loro, ci inducono a riflettere su alcuni temi e concetti, il cui uso attuale nei media e nella quotidianità ne ha svilito non solo il significato, ma anche il senso e i valori da essi assunti nelle società umane. In particolare, il complesso lavoro di Yael Bartana, al di là del valore intrinseco delle singole opere, pone sotto una diversa luce concetti quali ‘identità’, ‘memoria collettiva’, ‘ritualità’, ‘appartenenza’, ‘nazione’, termini, oggi, abusati, non solo perché usati troppo o a sproposito, ma anche perché semanticamente violentati. Bartana offre la possibilità di confrontarsi con questi concetti, di considerarli ex-novo, di provare a rivalutarli in una prospettiva e in una dimensione strettamente connesse all’essere e all’agire umani”.