2000-2020 NUOVE ICONE: LEM di Lapalma

Pubblicato il Di in Esterno, Pezzi Storici, Sgabelli, Sgabello, Storia del Design

LEM lo sgabello di Lapalma disegnato da Shin & Tomoko Azumi, compie vent’anni. Lo fa spegnendo oltre un milione di candeline, quanti sono gli esemplari di questo nuovo simbolo del design contemporaneo, venduti nel mondo. Per l’occasione LEM si veste di sei nuovi colori che reinventano il mito di un successo che ha cambiato l’identità di ogni ambiente: dall’ufficio alla casa, alla più alta ristorazione. 

“Un anello che fluttua nell’aria”. “Spazio all’interno del mobile, mobile all’interno dello spazio”. Così veniva descritto LEM di  Lapalma nel 2000, anno della presentazione al Salone del Mobile di Milano. Uno sgabello che è diventato nel tempo simbolo dello stile.

La storia di LEM parte nel 1996, quando alla Fiera IMM di Colonia due giovani designer giapponesi, di base a Londra, presentano a Dario e Romano Marcato, fondatori di Lapalma, una piccola brochure fatta a mano. Pochi tratti a matita, quanto basta per intuire la bellezza e l’unicità di un segno che sarebbe diventato icona.

Nuovo incontro nel 1999, nuovi disegni, e un anno di test per mettere a punto la tecnologia in grado di realizzare l’impossibile: la doppia curvatura del tubolare a sezione rettangolare che definisce il profilo dello sgabello, unendo in una linea continua seduta e poggiapiedi. Un’innovazione assoluta segna così l’ingresso di Lapalma nel nuovo millennio: nasce LEM. Al Salone del Mobile di Milano la sua silhouette leggerissima, l’unicità del suo carattere unita a uno straordinario comfort, la sua meravigliosa sintesi tra cultura giapponese e tecnologia italiana, ricevono il plauso internazionale. Pochi mesi dopo, LEM conquista la vetrina del Conran Shop. Il primo passo verso un radioso futuro.

Il segno di LEM, dirompente nel pensiero e continuo nella forma, sintetizza il carattere e l’unicità del nuovo millennio e decreta un successo che lo vede protagonista in molte occasioni.

A partire da quando, a qualche anno dal suo debutto, il 19 settembre 2007 durante una conferenza stampa a Berlino, Steve Jobs annuncia il partner esclusivo di Apple per la distribuzione in Germania del primo iPhone, seduto proprio su un LEM.

Da qui è una continua ascesa: nel 2008 lo sgabello entra nella collezione permanente del Victoria & Albert Museum. Nel 2014 è selezionato da Elle Decor Italia tra i pezzi icona che dagli anni ’50 hanno segnato la storia del design italiano e internazionale per il progetto BE ORIGINAL. 

Nel 2017 per la mostra A decade of evolution in design, organizzata da IFDM/Il Foglio del Mobile, due giovani artisti dell’accademia di Brera, Arianna De Stefani e Gabriele Farina, regalano una versione gigante di LEM (1.90 di altezza) con l’opera Waist Up.

Tra i numerosi riconoscimenti conferiti a LEM si ricordano: FX International Interior Design Award – London (2000), Good Design Award – Tokyo (2000), Restaurant and Bar Design Award – London (2009), Interior Innovation Award Cologne (2010)

La sua eleganza misurata e senza tempo è stata protagonista di importanti progetti in tutto il mondo, tra cui il Münich Bmw Museum, lo Schipol Airport (NL), la Library of Birmingham e gli HQ di Google in Giappone.

A gennaio 2020 in occasione di IMM Cologne LEM, era stato nella nuova versione outdoor.

Ora per questa speciale ricorrenza arriva questa novità: LEM non è più solo bianco e nero, gli assoluti colori con cui lo sgabello è stato presentato nel 2000, ma è declinato in sei nuove tonalità raffinatissime e originali: verde oliva, caffè, mattone, celeste, tortora e perla.

“Realizzare un pezzo unico e un’unica saldatura del telaio sembrava una sfida impossibile” spiega Romano Marcato, fondatore e titolare di Lapalma col fratello Dario. “Abbiamo lavorato intensamente per trovare i parametri di piegatura, quella precisione millimetrica che dà origine all’assoluta semplicità di LEM.”

Oggi ci vogliono cinquanta secondi per sagomare la linea continua e acrobatica che lo caratterizza e ne definisce tuttora l’unicità, nonostante i tanti tentativi di imitazione. Forse l’unico prezzo da pagare quando si crea un segno della contemporaneità.