Tre designer e architetti protagonisti sullo sfondo delle Olimpiadi di Tokyo 2020

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Quando iniziano le Olimpiadi i riflettori sono (giustamente) puntati sulle gare e gli atleti. Ma agli appassionati di design forse non saranno passati inosservati i tre nomi famosi che si celano dietro alla progettazione dello stadio Olimpico, la torcia e il braciere delle Olimpia di Tokyo 2020.

Procediamo per ordine, lo stadio che ha fatto da cornice alla cerimonia di apertura dei giochi olimpici è firmato da Kengo Kuma. Architetto giapponese classe 1954 fonda nel 1987 a Tokyo il suo atelier “Spatial Design studio” (oggi “Kengo Kuma & Associates”), a cui segue nel 2008 lo studio di Parigi.

La sua poetica declina i materiali in funzione della loro capacità emotiva, connessa alle caratteristiche costruttive intrinseche e agli insegnamenti della tradizione giapponese.

Lo stadio olimpico è una struttura polivalente costruita appositamente per questa olimpiade nel 2019. Come spesso accade nella cultura architettonica giapponese per costruirlo è stato demolito il vecchio stadio. Quello nuovo sorge esattamente nei terreni dove si trovava quello preesistente.

Inizialmente nel 2012 il progetto che doveva essere realizzato portava l’autorevole firma di Zaha Hadid. Ma nel 2015 a causa di vincoli di budget il progetto venne abbandonato è si preferì procedere con un secondo concorso vinto appunto, dall’architetto Kengo Kuma.

È alto 47,4 metri è può ospitare ben 60mila spettatori. Per la struttura del tetto è stato usato l’acciaio e ben 70mila metri cubi di legno di cedro e larice, Il legno è uno dei suo materiali preferiti insieme alla pietra, ceramica, bambù, plastica e vinile. nei progetti Kuma unisce sempre ad una marcata sperimentazione progettuale la profonda relazione con la tradizione giapponese. 

 Oltre ad ospitare le cerimonie di apertura e chiusura questo luogo si svolgeranno anche le gare di atletica e la finale della partita di calcio femminile. Dal 24 agosto al 5 settembre ospiterà anche le cerimonie e le competizioni di atletica dei XVI Giochi paraolimpici.

Tra gli elementi più iconici di una olimpiade c’è senza dubbio la torcia olimpica ,mezzo di trasporto della fiamma olimpica durante la staffetta che la porta dal luogo dell’accensione, al luogo di celebrazione dell’olimpiade.

La torcia olimpica

La torcia olimpica dell’edizione XXXII nasce dalla matita di Tokujin Yoshioka, artista e designer giapponese classe 1967.

Oltre ad aver collaborato con il maestro Issey Miyake e altre aziende internazionali come Cartier, Swarovski, Louis Vuitton, Hermès, Toyota, e Lexus,Tra le sue collaborazioni nel campo del design ci sono i progetti firmati per Kartell, Glas Italia, Moroso, Driade, Cassina, ecc.ha ricevuto numerosi premi internazionali fra cui Design Miami Designer of the Year, l’Elle Deco International Design Awards Designer of the Year e il Milano Design Award.

L’ispirazione nasce dai fiori di ciliegio disegnati dai bambini nell’area del disastro di Fukushima simbolo di rinascita e fioritura.

Non si dimentichino infatti gli episodi che colpirono il Giappone nel 2011 terremoto e maremoto prima e di conseguenza il terribile incidente nucleare di Fukushima Dai-ichi.

Il cuore del fuoco olimpico è una corolla composta da cinque petali, La torcia ricoperta di oro rosa è lunga 71 centimetri e pesa di 1,2 chili .

I materiali con cui è stata realizzata non sono causali ma hanno un significato profondo. Il corpo e volume nasce da una sagoma realizzata in alluminio riciclato, materiale di scarto utilizzato nei rifugi provvisori che hanno ospitato i sopravvissuti al disastro ambientale. 

Dalla torcia al Calderone Olimpico di Tokyo2020 

Il calderone olimpico porta la firma di Nendo, studio guidato dal Oki Sato designer tra più attivi nel panorama del design internazionale.

Il calderone è stato ideato sulla base del concetto “Tutti si riuniscono sotto il sole, tutti sono uguali e tutti ricevono energia” da Mansai Nomura, che era il direttore creativo esecutivo del team di pianificazione per le cerimonie di apertura e chiusura al Tokyo 2020 Olimpiadi e Paraolimpiadi. Per realizzarlo sono state rilevate un totale di 85 correnti d’aria, dalle fiamme intrappolate in una sfera di vetro resistente al calore alla rotazione delle fiamme per creare un aspetto sferico, al fine di esprimere la somiglianza desiderata con il Sole. Attraverso tentativi ed errori, è stata progettata una forma sferica, composta da emisferi superiore e inferiore ciascuno con cinque pannelli che rappresentano i 5 anelli olimpici.

Al termine della Cerimonia di Apertura dei Giochi Olimpici, il calderone “sboccerà” per accogliere l’ultimo tedoforo. Questo esprime non solo il Sole stesso, ma anche l’energia e la vitalità che da esso si possono ottenere.

L’energia dell’idrogeno, scelta per attirare l’attenzione verso un’energia di nuova generazione, alimenta le fiamme. L’idrogeno è stato prodotto in uno stabilimento nella prefettura di Fukushima, ora in fase di recupero dopo il terremoto del 2011. L’elettricità necessaria per l’elettrolisi dell’acqua nel processo di produzione dell’idrogeno è fornita dalla generazione di energia solare. L’idrogeno brucia con una fiamma incolore, trasparente ed invisibile. Per fungere da fiamma olimpica, era necessario colorare per reazione la fiamma. Per la fiamma “gialla” è stato utilizzato il carbonato di sodio.

La quantità e la direzione della soluzione acquosa spruzzata dalle vicinanze del bruciatore sono state ripetutamente esaminate insieme alla quantità di idrogeno e all’angolo della valvola, al fine di regolare il movimento e la forma della fiamma in modo che luccichi come la legna da ardere.

Il calderone pesa 2,7 t e il diametro dopo la trasformazione è di circa 3,5 m. Il pannello esterno, che pesa circa 40 kg per lastra, ed è stato realizzato ritagliando una lastra di alluminio di spessore 10 mm. Lo stampaggio è ottenuto grazie ad una speciale pressa a caldo in grado di applicare una pressione di 3500 tonnellate( in Giappone di questi macchinari ne esistono pochi) e poi fresato.

Poiché quando viene applicato il calore durante la fresatura si verifica la distorsione, il lavoro è stato eseguito a velocità ultrabassa durante la scansione coerente della forma mediante laser. Modellando fino a 7 mm di spessore dove è richiesta forza e fino a 4 mm dove non è richiesto per accomodare la riduzione del peso. L’ultima fase consisteva della realizzazione del calderone prevedeva gli aggiustamenti, la lucidatura e l’applicazione di una vernice resistente al calore, il tutto rifinito a mano da artigiani.

Un oggetto sofisticato anche dal punto di vista tecnico. L’unità di trasmissione interna doveva essere il più compatta possibile, ma anche altamente impermeabile, ignifuga e resistente al calore. Ricoprendo le macchine il più possibile con pannelli a specchio poligonali, si intendeva creare una riflessione diffusa dell’illuminazione delle cerimonie e della luce delle fiamme. Sono stati ripetuti i test di resistenza al calore e al vento e l’apparato è stato messo a punto per prevenire qualsiasi vibrazione o errore anche in condizioni variabili. Di conseguenza, è stato realizzato un movimento regolare con precisione fine nei pannelli che passano l’uno sull’altro, operando a una distanza inferiore a 3 mm nell’area di larghezza di passaggio più stretta.

Il Calderone Olimpico così creato attraverso questo viaggio, cristallizza l’essenza della manifattura giapponese.