I Giardini della Biennale: il padiglione Centrale

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Si terrà dal 22 maggio al 21 novembre 2021 la 17. Mostra Internazionale di Architettura si terrà, curata da Hashim Sarkis, architetto, docente e ricercatore. Ad ospitare l’esposizione saranno come sempre l’arsenale e i Giardini della Biennale. Ed è proprio di questa storica location che vogliamo parlare , ovvero del luogo in cui sono collocati i padiglioni permanenti delle nazioni. Nei quali si svolgono le esposizioni sia della Biennale d’Arte Contemporanea che di quella d’Architettura.

I Giardini della Biennale sono una location storica, la loro costruzione risale al periodo napoleonico. Vennero realizzati su indicazione di un Decreto così nominato: “Decreto portante vaij provvedimenti a favore della città di Venezia” datato 1807.

Ad occuparsi della realizzazione dei Giardini fu Giannantonio Selva,  architetto paesaggista e architetto progettista, tra le altre cose anche del  Teatro La Fenice. I lavori per la realizzazione dei Giardini della Biennale furono avviati nel 1808 e proseguirono fino al 1812.

Il polmone verde nel cuore di Venezia

Ad oggi l’area dei giardini della biennale rappresenta l’area verde più estesa del centro di Venezia. Divisa in due parte: una destinata a parco pubblico e l’altra all’Ente Biennale, dove vi furono allestiti i vari spazi espositivi. Una suddivisione già in atto alla fine dell’800. Quando venne costruito il primo padiglione della Biennale, il Pro Arte noto come padiglione Centrale o ex Padiglione Italia.

Il Padiglione centrale dei Giardini della Biennale è il grande edificio che si trova in posizione frontale rispetto all’ingresso principale, in asse con il Viale Trieste.

,Il grande palazzo così come lo conosciamo oggi è frutto di un succedersi di interventi. La costruzione iniziale fu su progetto di Enrico Trevisanato e risale al 1894. Ma la facciata dichiaratamente in stile  liberty, venne disegnata invece da Marius De Maria e Bartolomeo Bezzi. 
 Era questo il primo Palazzo delle Esposizioni ai Giardini. Al suo interno per i primi anni, fino al 1905 si svolgevano tutti gli eventi della Biennale. Poi  il successo della Biennale portò i paesi partecipanti a decidere di costruire il proprio padiglione in cui far esporre gli artisti della loro nazione. e dare così’ vita ad un vero e proprio museo dell’architettura a cielo aperto composto oggi da 29 padiglioni in alcuni casi vere e proprie opere d’arte.

Le trasformazioni del Palazzo delle Esposizioni

Come abbiamo detto il primo impianto del palazzo delle esposizioni non è quello che conosciamo oggi . Nel tempo il Palazzo centrale ha subito diverse addizioni ad opera di grandi nomi dell’architettura .

 Nel 1905 Ernesto Basile interviene sull’ingresso, tra il 1907-1909 si aggiungono le decorazioni interne di Galileo Chini uno tra i suoi più celebri cicli decorativi.

Oggetto di un’importante progetto di recupero avviato dal Comune di Venezia nel 2006. Consistito tra l’altro anche nel recupero dei dipinti della cupola di Galileo Chini del 1909. Oltre al ripristino degli apparati decorativi delle pareti e il pavimento in terrazzo alla veneziana  e al completamento del restauro della Sala Ottagonale. Spazio ora attrezzata con tutti i servizi per l’accoglienza del pubblico e fulcro del Padiglione, nella forma di monumentale atrio da cui si raggiungono tutte le nuove aree funzionali.

 Nel 1914  Guido Cirilli interviene ancora sulla facciata disegnando  un prospetto nuovo leggermente curvato, delimitato da due torrette e decorato da una delicata campitura geometrica.

Nel 1928 anche Gio POnti interviene sull’edificio con la sistemazione della “Rotonda” del Padiglione Italiano alla 16° Biennale di Venezia 1928 – Venezia.

Gli anni Trenta

La grande trasformazione del complesso architettonico avviene però nel 1932 quando Duilio Torres eseguirà in “stile littorio” l’ennesimo maquillage alla facciata: uno spoglio attico decorato con i simboli del leone marciano e dell’aquila romana. Il Palazzo viene allora nominato Padiglione Italia. Denominazione che si è mantenuta fino al 2009, anno in cui con la 53. Esposizione Internazionale d’Arte il Palazzo è tornato a chiamarsi Palazzo delle Esposizioni della Biennale.

Altro nome importante dell’architettura italiana è quello di Carlo Scarpa che dal 1948 al 1972 inizia ad collaborare con la Biennale. Nel 1968 Carlo Scarpa interviene sul salone centrale del Padiglione soppalcandolo e raddoppiandone la superficie espositiva. Di Scarpa è anche il Giardino delle Sculture realizzato nel 1952. Nel 1968 un ulteriore intervento di Carlo Scarpa nascose le colonne in facciata dietro quinte scanalate: opera temporanea poi rimossa.

Del 1977 è invece l ‘Auditorium di Valeriano Pastor trasformato negli anni 2000 in una grande Biblioteca dedicata oggi soprattutto alle arti contemporanee. Uno spazio composto da oltre 800 metri lineari di scaffalature, 153.000 volumi e 3.000 periodici un luogo dal carattere quasi industriale in cui spicca per il rosso acceso delle finiture e gli arredi.

Gli interventi più recenti 

Gli ultimi e più sostanziali interventi sul Palazzo Centrale dei Giardini, punto di di riferimento per gli altri Padiglioni dei Giardini, si sono svolti tra il 2009 e il 2011. Il padiglione è diventato così  una struttura polifunzionale e versatile di 3.500 mq. In grado di  accoglie attività permanenti e servizi tra i quali la caffetteria, il book store e appunto la già citata biblioteca.

Nel 2009 (anno in cui il Padiglione Italia acquista la denominazione di Palazzo delle Esposizioni) vennero aggiunte all’edificio attività come quelle destinate alle aree educational, ai laboratori e ai progetti speciali.  Qui prendono vita spazi realizzati ad opera di artisti di fama internazionale. Come “Sala F  progetto di Massimo Bartolini  realizzato per l’allestimento dell’Area Educational del Palazzo delle Esposizioni ai Giardini della Biennale. Uno spazio concepito dall’artista come luogo di condivisione, spazio dinamico dove tre grandi tavoli possono funzionare da platea o palcoscenico.

Sono del 2009 anche il  bookshop, disegnato da artista tailandese Rirkrit Tiravanija e il bar caffetteria di Tobias Rehberger.

Il progetto dal titolo ”Was du liebst, bringt dich auch zum Weinen” gli valse il Leone d’Oro come migliore artista alla Biennale del 2009. L’allestimento, prende ispirazione dai camouflage delle navi da guerra e si propone come uno spazio ad effetto optical grazie alle geometrie contrastanti. Nell’ambito di questo intervento l’artista tedesco disegnò anche una collezione di tazzine da caffè per la Illy Art Collection che sembravano mimetizzarsi nell’insieme.  La caffetteria ancora presente ed aperta al pubblico, come luogo di ristoro per una  pausa caffè.