Maestri del ‘900: Ico Parisi

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Domenico Parisi, chiamato Ico, nasce a Palermo, il 23 settembre 1916 da genitori siciliani, allora già residenti in Piemonte. Nel 1925 la famiglia Parisi si trasferisce a Como dove Ico, nel 1936, si diploma perito edile. Svolge quindi un periodo di apprendistato presso lo studio Terragni. Qui ha l’occasione di conoscere e frequentare personalità dell’architettura e dell’arte quali Cattaneo, Lingeri, Radice, Rho, Bontempelli, Bardi, Persico e Sartoris. Appassionato di cinema e di fotografia, realizza, su richiesta di Giuseppe Terragni, le immagini fotografiche della Casa del Fascio pubblicate sul numero 35 della rivista Quadrante, interamente dedicato all’edificio.

Dopo aver partecipato all’allestimento della “Mostra Coloniale” (Villa Olmo, Como, 1937), Parisi, con gli amici architetti Fulvio Cappelletti, Giovanni Galfetti e Silvio Longhi, fonda lo Studio Tecnico Artistico Alta Quota. Di questo periodo, oltre a vari progetti in gran parte non realizzati, rimangono due documentari, girati insieme a Costamagna e Galfetti e rispettivamente intitolati “Como+Como+Como” e “Risanamento edilizio della città di Como”, quest’ultimo su incarico del Comune di Como.
All’entrata in guerra dell’Italia, Parisi viene arruolato con il grado di sottotenente nel IX Battaglione Pontieri, operativo sul fronte russo. Profondamente coinvolto nell’esperienza bellica, documenta ciò che vede con disegni e soprattutto attraverso la macchina fotografica. Congedato nel 1943 rientra a Como e riprende l’attività progettuale, in questo periodo particolarmente indirizzata alla realizzazione di singoli arredi, di allestimenti espositivi e di architetture d’interni. Con lui collabora Luisa Aiani, la giovane vedova dell’amico Giovanni Galfetti, caduto al fronte.

Nel 1947 Ico e Luisa si sposano e aprono uno studio di arredamento che, l’anno successivo, prenderà il nome di La Ruota, luogo di progettazione ma anche luogo d’arte, di esposizione e di cultura. Nel 1952, su sollecitazione dell’amico Alberto Sartoris, riceve la laurea in Architettura presso l’Institut Aetheneum di Losanna.
A partire dai primi anni ‘50 l’attività di Parisi si fa sempre più prolifica. Ico assume, come base metodologica all’operare, il concetto, già proprio di Carlo Belli e di Alberto Sartoris, di ‘integrazione delle arti’: solo lo stretto coinvolgimento di pittori e scultori nel lavoro di progettazione potrà portare a un nuovo modo di fare architettura. Contemporaneamente disegna arredi, in pezzo unico, realizzati da artigiani brianzoli per committenze esclusive e, in seguito, per la produzione industriale, con aziende quali Cassina, De Baggis, MIM. In particolare, l’esperienza con la Figli di Amedeo Cassina, ove si occuperà anche della progettazione dell’esposizione di Meda e del negozio di Roma oltre che nella realizzazione grafica del primo catalogo aziendale nel 1958, darà luogo a pezzi capolavoro quali la poltrona 813, comunemente chiamata ‘poltrona a uovo’, la poltroncina in compensato curvato modello 839, segnalazione Compasso d’Oro, e il divano 865.

Anche le arti decorative attirano il suo interesse: nascono così vetri-scultura in vetro di Murano, prima con Barovier e Toso e successivamente eseguiti da Lino Signoretto, e ceramiche e terraglie realizzate da Zanolli e Sebellin di Nove o artigianalmente presso le Fornaci Ibis di Cunardo dallo stesso Parisi.
La fine degli anni ‘60 segna un preciso punto di svolta nella sua ricerca progettuale. Con i Contenitoriumani, realizzati in collaborazione con lo scultore Francesco Somaini e presentati per la prima volta al Salone del Mobile di Milano nel settembre 1968, Parisi, pur non abbandonando completamente la progettazione di edifici e di arredi, inizia un nuovo percorso d’indagine volto a definire un’idea utopico-esistenziale del vivere.

Tale ricerca, sviluppata in collaborazione con un gruppo di artisti, si concretizza, nel 1972-73, nel progetto “Ipotesi per una casa esistenziale”, presentato per la prima volta nel 1974 a Parigi. A esso fa seguito, segnando il culmine della ricerca progettuale ed esistenziale parisiana, tra il 1974 e il 1976, la “Operazione Arcevia”, affrontata in modo corale e interdisciplinare attraverso il coinvolgimento di critici d’arte, artisti, poeti, registi, musicisti, sociologi, uniti in un gruppo di lavoro finalizzato alla progettazione di una intera comunità. Il lavoro viene presentato nell’ambito della 76ª Biennale di Venezia e successivamente esposto presso la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma (1979). Da tale esperienza socio-urbanistica, fortemente utopica, derivano le successive ricerche grafiche definite da Parisi ‘tavole di provocazione’: “Utopia realizzabile”, “Apocalisse gentile”, “Crolli edificanti” oltre alla performance “Libertà è uscire dalla scatola” e alle installazioni urbane “Sigilli” e “Torre di Babele”. Questi lavori sono tema di innumerevoli mostre collettive e personali (Biennale di Venezia 1978, In/Arch Roma 1979, Musée d’Ixelles Bruxelles 1980, Palazzo dei Diamanti Ferrara 1981, Istituto Italiano di Cultura Parigi e Centro Culturale ADP Lille, entrambe nel 1984). Nel 1986, presso il Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano, si tiene la prima mostra antologica dedicata a Ico Parisi.
Nel 1990 scompare improvvisamente Luisa, compagna di vita e inesauribile fonte di energia creativa. Ico, benché profondamente scosso, continua la sua attività progettuale ed espone il suo lavoro in una grande antologica presso la Palazzina dei Giardini di Modena. Seguono numerose personali sia a Como sia a Modena. Nel 1992 inaugura a Dalmine l’ultima sua provocazione architettonica, il “Bobadilla”, edificio polivalente progettato in collaborazione con Angelo Cassi.
Ico Parisi muore a Como il 19 dicembre 1996. Nel 2017 in occasione del centenario della nascita alla Villa Reale di Monza è stata dedicata all’architetto la mostra dal titolo Ritrovare Ico Parisi a cura di Roberta Lietti e Marco Romanelli.