Beyti Beytak. My Home is Your Home è il titolo scelto dal Qatar per la sua prima partecipazione ufficiale alla Biennale Architettura di Venezia. Un’espressione di benvenuto che diventa dichiarazione programmatica e cornice concettuale per una mostra che esplora il tema dell’ospitalità attraverso l’architettura e il paesaggio urbano, con uno sguardo rivolto alla regione MENASA (Medio Oriente, Nord Africa e Asia Meridionale). Organizzata da Qatar Museums e curata dal futuro Art Mill Museum, l’esposizione si articola in due sedi: il Giardino della Biennale e l’ACP–Palazzo Franchetti.

Al cuore di Beyti Beytak c’è la volontà di raccontare come la casa, intesa non solo come spazio fisico ma come luogo sociale, culturale e relazionale, possa diventare simbolo di accoglienza e riflessione condivisa. “Questa mostra riflette i nostri valori condivisi di ospitalità, comunità e appartenenza”, afferma Sua Eccellenza Sheikha Al Mayassa bint Hamad bin Khalifa Al Thani, Commissario del Padiglione e Presidente di Qatar Museums. “È anche una testimonianza del ruolo del Qatar nella promozione della diplomazia culturale.”

Nel sito destinato al futuro padiglione nazionale del Qatar, all’interno dei Giardini della Biennale, prende forma il Community Centre (2024), installazione temporanea progettata da Yasmeen Lari. L’architetta pakistana, pioniera di un’architettura umanitaria e resiliente, realizza una struttura in bambù ispirata alle sue esperienze di ricostruzione in Pakistan dopo catastrofi naturali. Il centro, che comprende una veranda perimetrale e una cupola in fronde di palma, non è solo uno spazio espositivo, ma anche luogo vivo: ogni fine settimana accoglierà i visitatori con caffè e datteri, secondo la tradizione qatariota.

Parallelamente, la mostra ospitata presso ACP–Palazzo Franchetti riunisce i lavori di oltre 30 architetti, molti dei quali esordiscono per la prima volta a Venezia. Disegni, fotografie, modelli e archivi raccontano tre generazioni di progettisti attivi nella regione MENASA, in un viaggio tematico che attraversa oasi reinterpretate, residenze urbane, centri comunitari, moschee, musei e giardini. Uno sguardo particolare è dedicato a Doha, attraverso una sezione che documenta il recupero delle porte storiche della città vecchia con il supporto dell’Aga Khan Trust for Culture.


I nomi in mostra delineano un paesaggio progettuale ampio e articolato: dai modernisti come Raj Rewal, Nayyar Ali Dada, Abdel-Wahed El-Wakil e Minnette de Silva, a figure contemporanee quali Marina Tabassum, Abeer Seikaly, Sumaya Dabbagh, DAAZ Studio, Sameep Padora, Balkrishna Doshi, fino a studi internazionali come Diller Scofidio + Renfro e New South. Una sezione importante è dedicata all’eredità di Hassan Fathy, figura chiave dell’architettura vernacolare e sociale, il cui pensiero continua a ispirare nuove generazioni di progettisti.

Curata da Aurélien Lemonier (Art Mill Museum) e Sean Anderson (Cornell University), con la collaborazione di Virgile Alexandre, Beyti Beytak propone un allestimento firmato da Cookies, studio parigino-rotterdamesse noto per le sue soluzioni sperimentali. Fulcro della scenografia è la reinterpretazione delle maglie architettoniche – mashrabiya, claustra, jali e altre varianti locali – utilizzate come elementi espositivi, dispositivi spaziali e metafore visive di una cultura fatta di stratificazioni, filtri e dialogo.
“Beyti Beytak testimonia la ricchezza del patrimonio architettonico della regione MENASA e mette in evidenza l’eterogeneità e la creatività dei suoi progettisti,” commenta Lemonier. “È una mostra che si muove tra storia e futuro, tra gesto individuale e responsabilità collettiva.”

Il progetto si completa con una riflessione sulle trasformazioni globali e sul modo in cui l’architettura può reinterpretare i concetti di casa e comunità in un mondo in rapida evoluzione. Come sottolinea Sean Anderson: “Oggi, comunità e appartenenza sono espressioni fondamentali dell’ospitalità. L’architettura è uno strumento per dare forma a come ci riuniamo, riflettiamo e viviamo insieme.”
Beyti Beytak è aperta al pubblico dal 10 maggio al 23 novembre 2025 e si propone come una delle esposizioni più rilevanti della Biennale, portando sulla scena internazionale una narrazione densa, multiculturale e profondamente contemporanea.