Sospeso tra il blu intenso del Mediterraneo e il verde profondo della macchia mediterranea, il faro di Capofaro, sull’isola di Salina, torna a vivere grazie al progetto di restauro e interior design firmato da MAB Arquitectura, lo studio guidato da Floriana Marotta e Massimo Basile. Un intervento che è insieme testimonianza di tutela del patrimonio, espressione di una sensibilità architettonica colta e misura contemporanea di un lusso discreto.

Proprio per il suo valore emblematico, il progetto è stato selezionato per essere esposto nel Padiglione Italia alla 19. Mostra Internazionale di Architettura – La Biennale di Venezia, all’interno della mostra “Terræ Aquæ. L’Italia e l’intelligenza del Mare”, curata da Guendalina Salimei e promossa dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura.

Il Padiglione, ospitato presso l’Arsenale – Tese delle Vergini fino al 23 novembre 2025, dialoga con il tema generale della Biennale diretto da Carlo Ratti, incentrato sull’intelligenza creativa e condivisa quale risposta collettiva alle urgenze ambientali e sociali del nostro tempo. In questo contesto, la rilettura dei territori costieri come spazi di transizione, innovazione e resilienza restituisce centralità a un dibattito più ampio sul rapporto tra terra e acqua, che trova nel progetto di Capofaro una delle sue declinazioni più evocative.

Una rigenerazione rispettosa dell’identità e del paesaggio
L’antico faro, edificato a fine Ottocento e da tempo dismesso, occupa un promontorio a strapiombo sul mare, in uno dei punti più suggestivi dell’arcipelago eoliano. L’intervento di MAB Arquitectura si inserisce in modo sensibile nel contesto paesaggistico e nella memoria del luogo, riportando in vita gli spazi abbandonati dell’alloggio del guardiano attraverso la creazione di sei suite che ampliano l’offerta del vicino Capofaro Locanda & Malvasia, raffinato wine resort della famiglia Tasca d’Almerita, parte della collezione Relais & Châteaux.

L’approccio progettuale si fonda su una rigorosa poetica della sottrazione, che rifugge ogni retorica decorativa per restituire centralità al genius loci e alla forza evocativa del contesto.
«Di fronte a una natura così potente e a un luogo così ricco di suggestioni, abbiamo scelto di disegnare ogni dettaglio con misura e cura, evitando ogni orpello per restituire un’eleganza essenziale. Un lusso silenzioso, quello del tempo che scorre nella bellezza delle cose semplici», spiega Floriana Marotta.
Interni sobri e materici: il dialogo tra tradizione e contemporaneità
Il progetto di interior design lavora con la memoria costruttiva e materica dell’architettura eoliana tradizionale, reinterpretata in chiave contemporanea.

Volte a botte, scale a chiocciola originarie, arredi in muratura, inserti in legno e pietra, calce bianca e pavimentazioni in micro-cemento definiscono spazi che coniugano essenzialità e comfort. Nei bagni, le cementine artigianali realizzate su disegno dagli artigiani di Santa Flavia rappresentano una raffinata sintesi tra saper fare locale e linguaggio progettuale misurato.



La palette cromatica, nei toni della terra, della sabbia, del bianco e dei beige, con accenti di blu marino, richiama la natura circostante e rafforza il senso di continuità visiva e percettiva con il paesaggio esterno. Ogni suite, tra i 30 e gli 80 mq, è dotata di ingresso indipendente e giardino privato; la più ampia, distribuita su due livelli, offre una terrazza panoramica che abbraccia con lo sguardo mare, vigneti, orti e giardini.


Il restauro filologico e il progetto paesaggistico: continuità storica e museale
L’intervento ha previsto un attento restauro filologico dell’involucro originario: consolidamento delle volte, recupero dei conci di tufo aggrediti da salsedine e intemperie, restauro delle cornici e ricostruzione delle facciate con intonaco a calce secondo la tradizione costruttiva locale.

Il progetto si estende anche al paesaggio, concepito come un museo botanico diffuso che accoglie gli ospiti in un itinerario sensoriale attraverso la macchia mediterranea e le specie autoctone di Salina: mirto, capperi, lavanda, corbezzolo, lentisco, ulivo, fichi d’India, agavi, bouganville si alternano lungo i vialetti in brecciolino vulcanico e tra i muretti a secco che punteggiano il terreno.

Accanto al faro, un piccolo edificio è stato trasformato in Micro Museo della Malvasia, spazio multimediale che racconta la cultura vitivinicola eoliana e la storia del territorio attraverso proiezioni e pannelli informativi.
La valorizzazione dei fari come modello di rigenerazione culturale
Il recupero di Capofaro si inserisce nel progetto Valore Paese Italia Fari, promosso da Difesa Servizi S.p.A. e Agenzia del Demanio, che affida a soggetti privati la gestione di beni demaniali di pregio, restituendoli alla collettività in chiave di valorizzazione culturale e sviluppo turistico sostenibile.

L’intervento di MAB Arquitectura rappresenta così un esempio virtuoso di come la progettazione contemporanea possa operare per sottrazione, tutelando la memoria del luogo e trasformandola in esperienza estetica e culturale, dove la semplicità diventa cifra di un lusso autentico e senza tempo.