Arredativo Design Magazine

Gruppo Memphis: il collettivo che divenne fenomeno culturale

Parliamo di Design e Autoproduzione, “fenomeno culturale ” presente anche nella storia del design. Innanzi tutto,  proviamo a darne una definizione: “ Si definisce design autoprodotto quell’oggetto che nelle sue fasi di creazione e di realizzazione non coinvolge la produzione industriale ed nella parte creativa è gestito per lo più dal designer/ progettista”.  Partendo da questa considerazione, introduciamo  un gruppo di designer molto noto: Memphis.

L’esperienza del gruppo Memphis, inizia con un incontro informale nella casa milanese di Ettore Sottsass, l’11 dicembre 1980. Fu una serata organizzata per discutere di nuove forme espressive legate al design, a cui parteciparono: de Lucchi, Aldo Cibic, Matteo Thun, Marco Zanini e Martine Bedin. Come già Studio Alchimia, di cui lo stesso Sottsass aveva fatto parte, anche i designer del gruppo Memphis, si riunirono in collettivo, con il comune obiettivo di reagire  al linguaggio che fino ad allora, aveva caratterizzato il design anni ‘70. Alla base della loro riflessione c’era “l’approccio sperimentale al disegno industriale” che Ettore Sottsass e Michele de Lucchi avevano portato avanti, alla fine degli anni settanta, complici la loro esperienza all’interno dello Studio Alchimia e la contemporanea vicinanza ai concetti del design radicale.

I lavori del gruppo  Memphis, erano caratterizzati da  colori vivaci e da forme geometriche, il collettivo faceva anche molto uso del vetro, di texture e di decorazioni volte a generare ottimismo. I loro oggetti erano volutamente “non intellettuali”, bensì voleva essere una  celebrazione  “della normalità e della banalità in una società di massa”.

Il nome stesso del gruppo prende spunto dalla cultura POP dell’epoca, ispirato da una canzone di Bob Dylan, Stuck Inside of Mobile che risuonò molte volte in casa la sera del primo incontro. Si dice che la riproduzione si era inceppata sulla frase «with the Memphis Blues Again» e forse  anche per questo motivo venne scelto questo nome.

Interessante scoprire l’interazione che vi era tra progettisti e la loro partecipazione al raggiungimento di un obiettivo comune. Infatti all’incontro successivo, nel febbraio del 1981 i designer, si presentarono con un centinaio di disegni di mobili e altri oggetti. L’ispirazione veniva dall’art déco e  dalla pop art, dal kitsch degli anni cinquanta e dai temi futuristici, ma più di tutto, erano ispirati dalla cultura di massa e dalla vita quotidiana.

Al gruppo si aggiunsero anche Alessandro Mendini, Andrea Branzi, Nathalie du Pasquier, Michael Graves, Hans Hollein, Arata Isozaki, Shiro Kuramata, Javier Mariscal e George Sowden, la giornalista Barbara Radice e Ernesto Gismondi che ne fu presidente.

L’incontro con il pubblico e la nascita di un cult

I loro progetti vennero mostrati al pubblico, quando dopo vari contatti con aziende produttrici di mobili e di ceramiche che li realizzarono, il 18 settembre 1981, vennero esposti nella prima mostra alla galleria d’arte Arc ’74 di Milano. Tra i progetti presentati, Carlton, Casablanca e l’armadio Beverly di Sottsass, le sedie Oberoi di Sowden e la lampada Super lamp di Bedin.

 

Il linguaggio di Memphis colpì l’opinione pubblica, attirando l’interesse e la curiosità di molti e trovando spazio sulle copertine delle maggiori riviste.  Testimoniando così, la perfetta sintonia con la cultura post-punk dei primi anni ottanta.

Sottsass lasciò il collettivo nel 1985 considerando raggiunto il suo obiettivo di contrastare con uno stile aggressivo il design minimale dell’epoca. Il gruppo si sciolse definitivamente nel 1988 segnando l’inizio di un esperienza che resta comunque rappresentativa di un fenomeno culturale degli anni 80.

Capace di ribaltare i precedenti limiti creativi imposti dall’industria, utilizzando lo strumento principale del design: il prodotto e la creatività.