Oltre i confini del vetro: Arredativo incontra Simone Crestani

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Artigiano, artista, designer ma soprattutto raffinato ed abile maestro nella soffiatura del vetro:  stiamo parlando di Simone Crestani. 

Classe 1984 dopo dieci anni di apprendistato, apre la sua propria bottega, Atelier Crestani. Portando a frutto l’esperienza inizia poi a differenziarsi dalla tradizione del vetro muranese. Simone lavora il vetro borosilicato con una tecnica speciale che chiama Scultura Cava, tecnica per cui è apprezzato universalmente e che gli permette di creare oggetti anche su larga scala, curandone al contempo i minimi dettagli.

Uno dei suoi lavori Metamorphosis, realizzato in collaborazione con Camilla Brunelli è stato progetto Select by Arredativo nel 2017.

Da allora il suo percorso professionale è proseguito ad ampio raggio sia con progetti che sconfinano nell’ambito delle creazioni artistiche, sia in progetti che guardano al mondo del design di prodotto.

In qualità di designer e artigiano che realizza progetti in edizione limitata, Simone Crestani è stato lo scorso anno tra i protagonisti della prima edizione di EDIT Napoli, fiera dedicata al design editoriale o design d’autore, la cui seconda edizione è prevista per ottobre 2020.

E’ proprio nella cornice del Complesso Monumentale di San Domenico Maggiore, dove si svolge EDIT Napoli che lo abbiamo incontrato lo scorso anno per parlare del suo lavoro e dei suoi progetti nel mondo del design.

Mi è piaciuta fin da subito l’idea di partecipare all’evento EDIT Napoli, un progetto nuovo del quale apprezzo il fatto che sia una cosa molto più “raccolta” rispetto ad eventi  diffusi come quelli che si svolgono durante il Fuori Salone diventato ormai troppo grande .”

Collabora attivamente con gallerie in varie parti del mondo ma recentemente Simone Crestani ha iniziato a collaborare con brand del design come Adele-C.

“Con Adele-C inizialmente avevamo condiviso gli spazi durante un Salone del Mobile a Milano poi gli ho proposto di disegnare delle cose insieme e loro hanno accettato.

Nasce così la collezione di vasi Rain interamente realizzati in vetro borosilicato soffiato a lume e lavorati a mano.

Tra i protagonisti del design contemporaneo, al Salone del Mobile 2019, Simone Crestani è stato scelto insieme ad altri 13 designer  (tra cui Marcelo Burlon, Matteo Cibic, Serena Confalonieri, Analogia Project, Antonio Marras, Vito Nesta, Mario Trimarchi, Elena Salmistraro e Marcel Wanders ) per partecipare al progetto Leonardo Horse Project   interpretando con cavalli a grandezza naturale e attraverso la propria sensibilità progettuale, le repliche della la statua equestre progettata da Leonardo Da Vinci e realizzata  nel 1999 dall’artista giapponese Nina Akamu. 

“Sono stato invitato a partecipare a questo progetto da Cristina Morozzi  ed è stato molto interessante. Io di solito lavoro con un materiale con il quale è difficile lavorare sulle grandi dimensioni, perciò intervenire su un’opera così grande è stato per me un lavoro nuovo e molto motivante.

Sei un designer e maestro d’arte nella soffiatura del vetro, com’è lavorare questo materiale ?

Il vetro è un materiale stranissimo. È molto diverso dagli altri materiali perché presenta  uno stadio di lavorazione viscoso e prevede un movimento continuo durante la sua  lavorazione.  Deve esserci sempre una rotazione. Lavorare il vetro è un po come suonare il pianoforte. È un movimento manuale che si impara da giovani altrimenti poi questa manualità si perde. Certo per me lavorare il vetro è il lavoro più bello del mondo, ma è difficile riuscire a far qualcosa. In pittura anche se non riesci da subito a dipingere un quadro riesci a farlo, con il vetro è diverso. È un mestiere difficile, i primi 5 anni un vetraio non riesce a far niente e solo quando superi il primo step, allora riesci a costruire qualcosa.

Tu conosci bene il vetro, quali sono i suoi limiti?

Il vetro ha un sacco di limiti. Come vedi nel mio lavoro cerco di spostare sempre i limiti, non per rompere la tradizione, ma per cercare di adattare le tecniche . Magari in modo da riuscire ad unire tecnologie che non rientrano prettamente nella tecnica che uso, cercando così di spostare il paletto sempre un po più in la.

È possibile far convivere il legno con altri materiali?

Secondo me si. Adesso la sfida è quella di riuscire a combinare il più possibile il vetro con altri materiale. Ormai, non dico di essere arrivato al limite di quello che si può fare  con il vetro, ma ci sono arrivato vicino,  per cui la sfida è unirlo ad un altro materiale. Anche perché nel design il vetro ha il limite funzionale, quindi per fare lavori belli il vetro ha bisogno di essere coordinato con altro.

Sono molto visionari i tuoi progetti, quali sono le principali ispirazioni?

Mi ispirano sempre temi legati alla natura o visioni di qualche dettaglio della natura. Ultimamente mi ispira la natura vista dal punto di vista dell’environment, della sostenibilità e di ciò che facciamo noi rispetto alla natura, dell’impatto che hanno le nostre azioni. Dietro ogni creazione c’è un piccolo significato nascosto per far pensare quello che accade in questo mondo.

Se un giovane ragazzo fosse interessato a questo lavoro quali consigli ti sentireste di dargli?

Lavorare sodo perché è l’unica chiave per fare e per tramandare un mestiere del genere. La passione viene, ma è difficile come mestiere, specie i primi anni. Implica anni di sofferenza sia fisica che emotiva. La pelle non è abituata al calore e i primi anni soffri perché ti bruci, ma poi il corpo si abitua. Così avviene dal punto di vista emotivo, i primi anni non riesci  a creare ed è demotivante, per arrivare  bisogna tener duro, come avviene un po per tutti i lavori.

Se ripensi a te al percorso che hai fatto, ti vedevi un artista del vetro quale sei diventato?
Sono capitato a lavorare il vetro per caso, per puro spirito d’indipendenza adolescenziale mi sono trovato al punto giusto nel momento giusto in bottega da Lunardon. Erano anni in cui eravamo un gruppetto di giovani e io son capitato negli anni giusti. No, non pensavo di fare questo mestiere è una passione nata un po alla volta ed è anche merito di Massimo (Lunardon) che me l’ ha fatta crescere. Quindici anni fa mi dette la guida del Salone del Mobile dicendomi vai vedere questo e quello, io non ne sapevo molto. Poi mi sono fatto il mio piccolo studio in garage ed ho proseguito la mia ricerca.